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Gli Archetipi di Jung applicati alle aziende

Gli Archetipi di Jung applicati alle aziende

di Alessia Pellegrini AQSI

Gli archetipi sono i modelli più profondi del funzionamento psichico e governano le prospettive attraverso le quali vediamo noi stessi e il mondo. E questo lo ha detto un certo Jung (non il cane di Ila Sca ma quello che ha litigato con Freud perché non può - cazpita - essere sempre colpa di mamma!). 

Un brand è l’insieme di aspettative, ricordi, storie e relazioni che, nel loro insieme, rappresentano la decisione di un consumatore di scegliere un prodotto o un servizio rispetto ad un altro. E questo lo ha detto un certo Seth Godin, un tizio calvo con strambe montature di occhiali. 

Le aspettative, i ricordi, le storie e le relazioni che ogni brand costruisce sono in connessione con la sua identità, con l'archetipo che rappresenta il lato dominante della loro personalità. 

Il marketing, gente mia, è una disciplina che attinge alla grande fonte delle discipline umanistiche e questo non deve sorprendervi perché il marketing si occupa di bisogni delle persone e attraverso la comunicazione mette in campo azioni mirate a conquistare l'attenzione delle persone, a parlargli dei loro bisogni e a offrigli soluzioni a quei bisogni.

Così succede che il marketing mutua dalla psicanalisi junghiana la teoria degli archetipi e la adatta alle aziende. Anche le aziende possono essere personificate e ricondotte ad un archetipo dominante che rappresenta la sintesi dei valori nei quali si riconosce, la sua visione del mondo e lo stile di vita che propone. 

Un brand non è solo un prodotto o un servizio ma tutto ciò che lo identifica e ne determina la percezione nelle persone. 

La teoria degli archetipi di brand si basa su 12 diverse rappresentazioni di personalità e di comportamento e di linguaggio e di tono di voce che corrispondono a specifiche emozioni dominanti, emozioni che a loro volta possono essere ricondotte a 4 motivazioni fondamentali dell'essere umano: stabilità, indipendenza, cambiamento, appartenenza.

Quali sono i 12 archetipi di Jung

I 12 archetipi di Jung sono:

  1. Angelo Custode: si preoccupa per gli altri, è realista, empatico, solido, compassionevole. Sta sempre con voi, vi accompagna in tutti i momenti della vostra giornata, vi passa la carta igienica dopo la pipì.
     
  2. Sovrano: è colui che detta le regole, perché io so' io e voi non sete un cazzo (leggi Mercedes).
     
  3. Creatore: è un gran figo, anticonformista, è avanti anni luce, inventa cose che ti permettono di esprimere la tua creatività.
     
  4. Innocente: l'ottimista che nasce in piedi e ha il bicchiere sempre mezzo pieno, puro di cuore, un romanticone.
     
  5. Saggio: ricerca la verità, sa tutte le risposte, ha la barba lunga e il bastone.
     
  6. Esploratore: è indipendente, curioso, vuole sempre scoprire nuove cose e ti invita a vivere la vita con pienezza di sentimento e azione.
     
  7. Eroe: è forte, è potente, non dorme mai, si automotiva e ti motiva a spingere il tuo limite sempre più avanti. Just do it di Nike è la sua sintesi perfetta, tu sei sul divano e lo spirito di Nike ti appare e ti dice "hey bell* pensi di farti venire un culo come un boiler o alzi le chiappe, infili le scarpe e dimostri a te stesso di essere di più di un telo copridivano?"
     
  8. Mago: è mago, tira fuori dal cilindro i tuoi desideri. Desideri non miracoli.
     
  9. Ribelle: è anticonformista, ironico ma sul sarcastico andante, cattivello pure se ce se mette.
     
  10. Uomo comune: è un concreto che stabilisce relazioni simmetriche, non come quello sborone del sovrano.
     
  11. Burlone: la butta sempre in caciara, è un irriverente, fregnacciaro, ahahahahahah.
     
  12. Amante: è tutto uno sfregamento di piacere e sensi, si assaggia, si tocca, si accarezza.

A ciascuna di queste personalità corrisponde un vocabolario preciso di parole che raccontano quelle emozioni. Un sovrano userà parole monumentali, solide, il sovrano non parla, emana editti. Un amante ricorrerà a parole che evocano i sensi, il ribelle a parole disturbanti, quelle che non si possono dire.

Quando si costruisce una campagna pubblicitaria l'identità del brand e la visione del mondo che essa veicola sono la tua stella polare. Se vai fuori archetipo può succedere che la risposta del tuo pubblico sia disorientamento, confusione, perturbanza. Pensate a quella volta che una persona che credevate di conoscere ha fatto qualcosa che non vi aspettavate da lui o lei e vi siete detti ma chi è davvero questa persona? Il misfatto vi costringe a riformulare un giudizio su quella persona. Lo stesso succede quando si costruisce una campagna. Ciò non significa che non si possa fare una campagna fuori archetipo, si può, ma diciamo che devi prevedere tutte le possibili emozioni che ne derivano e cercare di arginare le conseguenze. 

Vi voglio fare un esempio di come si è lavorato in una campagna pubblicitaria che tutti conoscete e come i pubblicitari hanno risolto il problema di un testimonial lontano dai valori della loro identità.

La pubblicità in questione è quella del Mulino Bianco con Antonio Banderas. 

Se dovessimo ricondurre Mulino Bianco a un archetipo, quell'archetipo sarebbe l'innocente. Mulino Bianco evoca un mondo antico, fatto di cose semplici e genuine, parla alla famiglia tradizionale. Il Mulino Bianco è -ino ( tegolino, saccottino, nastrine, soldini, pensate al significato e pure al significante). 

Ora, diciamocelo, Banderas non è proprio la testimonianza in carne della purezza, Banderas ha un fattore pisello altissimo, evoca immaginari di sensualità e sessualità che con l'innocente Mulino Bianco si sposano poco. Nel Mulino Bianco non si scopa, al massimo si fa sesso con funzione riproduttiva.

I pubblicitari io me li immagino impegnati in una conversazione così:

- Ao' come famo a azzeraje er fattore pisello a questo? Perché lo usamo pe' acchiappa' l'attenzione der target femminile ma poi qui l'unico biscotto che se inzuppa è la macina.

- C'avemo na bella gatta da pela'

- M'è venuta n'idea

- Dimme oh so' curioso

- je dovemo taja' er pisello e buttallo ner torrente della ruota der Mulino Bianco 

- Ce sto, chiamamo Antonio e dimoje che lo dovemo evira'

L'evirazione è tutta nella scena di lui dentro al mulino con il grembiulino di fronte alla spianatoia con il mattarello in mano.

Tu donna lo vedi tutto sporco di farina e già pensi ora Antonio mi viene incontro, mi prende in braccio, mi mette sulla spianatoia, mi impana e mi frigge, le cellule del tuo punto G stanno in accelerazione come quelle nel tunnel del CERN di Ginevra e invece che te fa Antonio? Se gira e parla con una gallina palesemente finta. Le cellule del tuo punto G tirano il freno a mano e fanno un testacoda da paura. Il desiderio, la sensualità, tutto morto. 

Il Mulino Bianco epura il suo mondo di purezza di cuore dal desiderio e ci restituisce un Antonio angelicato, custode del focolare domestico. 

Questo post lo dedico a Ilaria Sabbatini con la quale ho intrattenuto amabili conversazioni private in fatto di comunicazione e marketing ed è un esempio perfetto di come io gioco con i miei archetipi.

A proposito, si narra che nella pianura padana ci sono ancora persone che cercano di acchiappare con il retino da pesca il pisello di Antonio.

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