Prima di tutto chiariamo: cos'è la Google Tax?
Ufficialmente conosciuta come l'imposta sugli utili deviati, la Google Tax è una nuova tassa societaria pensata in risposta alle crescenti richieste di altri Paesi di godere della loro giusta quota di entrate fiscali derivanti dagli utili di multinazionali come Amazon, Yahoo, Ebay, Google ecc.
Il nuovo regime impositivo stabilisce che le aziende con un giro d’affari superiore a 10 milioni di sterline dovranno comunicare il prorpio status alla HM Revenue & Customs (l’equivalente delle nostre Agenzia delle Entrate e delle Dogane) I funzionari della HMRC stabiliranno quali siano i profitti sottratti all’imposizione e concederanno 30 giorni per contestare l’applicazione della tassa ad una aliquota del 25%
In Gran Bretagna la Google Tax scatta dal primo aprile
Una volta eseguiti gli accertamenti su quanto dichiarato e il confronto con quanto effettivamente rilevato, i funzionari della HMRC stabiliranno quali siano i profitti sottratti all’imposizione prevista in Gran Bretagna e concederanno solo 30 giorni alle multinazionali per contestare l’applicazione della tassa ad una aliquota del 25%. Tra le novità, prossime a materializzarsi dopo la relazione di Osborne e finanziate in parte dalle entrate generate dalla Google Tax, ci sono quelle relative alle autovetture senza conducente e all’Internet delle Cose.
Le “driverless car” si posizionano in cima alla lista delle priorità, con la promessa di finanziamenti per circa cento milioni di sterline. La scelta non sorprende, dal momento che lo scorso febbraio Londra ha dato il via libera al test su strade pubbliche di tutte le vetture hands free driving (ovvero le auto in cui il conducente non guida, ma può comunque prendere il controllo del veicolo in caso di necessità o di emergenza) con lo stanziamento di 19 milioni di sterline per la creazione di centri di prova e verifica.
Mentre tutti parlano e straparlano di droni destinati a volare sopra le nostre teste, troppi trascurano le opportunità dei veicoli stradali senza pilota. Un interessante documento del Ministero dei Trasporti britannico (191 pagine piene di spunti e considerazioni ponderate) permette di riconoscere una attenzione non comune ad uno scenario che altrove è e continua ad essere trascurato.
Altro fronte ricco di sorprese è quello dell’Internet of Things (IoT) che è destinato ad assumere un ruolo propulsivo nella continua e costante rivoluzione digitale. Osborne, nella sua presentazione, ha sottolineato l’importanza di investire nelle applicazioni pratiche della Rete “delle Cose”, a cominciare dal trasporto urbano per giungere ai dispositivi medicali e a tutte le apparecchiature della ricca fauna di elettrodomestici nelle case del Regno Unito. Va considerato, infatti, che nel 2020 ci saranno 25 miliardi di “oggetti” collegati a Internet e gestibili a distanza per via telematica e questo scenario non può passare inosservato a chi vuol pianificare il futuro del proprio Paese.