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Server Ko, internet bombardato: guerra tra Spamhaus e Cyberbunker mette in crisi il web

WASHINGTON (Stati Uniti) – Dennis Blair, il direttore della National Intelligence, qualche anno fa l’ aveva detto chiaro e tondo al Congresso: dopo Al Qaeda, il più grande pericolo per l’ America si chiama cyberattacco, e alla fine ciò che più si temeva è avvenuto.

Server Ko, internet bombardato
Gli esperti americani della sicurezza informatica stanno trascorrendo probabilmente i giorni peggiori degli ultimi cinque anni della loro vita, dovendo fronteggiare un anomalo traffico di dati «sporchi» che, messi in rete da un gruppo di hacker, ha rappresentato una seria minaccia per la stabilità del web. I tredici server principali a cui fa capo Internet sono infatti stati oggetto di un massiccio assalto da parte di pirati informatici che, pur avendo dissimulato con vari artifici la propria provenienza, potrebbero essere concentrati in Corea del Sud, paese dal quale si è registrato il maggiore afflusso di dati anomali.

Guerra tra Spamhaus e Cyberbunker mette in crisi il web
Tutto è iniziato da quando la Spamhaus ha bloccato i server gestiti da Cyberbunker che ha reagito accusando la società dicendo: «Non potete decidere cosa può stare o non stare sul web. Non potete filtrare i nostri clienti». E per dare sostanza alle accuse la Cyberbunker ha fatto partire una serie di «attacchi» di tipo Ddos (Distributed Denial of Service), vale a dire ha scaricato una massa impressionante di traffico contro le strutture dell’organizzazione rivale per danneggiarle ed escluderle. L’aggressione ha avuto un effetto moltiplicatore tale che ha generato un contagio a catena su Internet a livello globale arrivando a compromettere anche le infrastrutture governative.

Spamhaus sostiene di riuscire a far fronte a questa inaspettata emergenza ed ha chiesto soccorso anche a Google nel tentativo di «assorbire la massa di dati» che stanno intasando come una forma di catrame l’intero sistema, ma l’attacco non è finito. Cyberbunker è accusata di ospitare al suo interno dei cosiddetti «siti malevoli», mentre loro rivendicano il diritto di ospitare chiunque tranne pedofili e terroristi.

Si cerca una tregua in questa guerra virtuale
IL PRESIDENTE Obama pochi giorni fa aveva già proposto una tregua al presidente cinese Xi Jinping, una sorta di patto di non belligeranza e un’azione comune contro i cyberattacchi. È un problema di caratura mondiale in quanto internet oggi significa documenti, informazione, collegamenti e osservazione strategica degli avvenimenti. Un eventuale blocco del web o un improvviso indebolimento della rete preoccupa, quindi, davvero tuttoe le più grandi potenze mondiali. Ma in queste ore, senza lo zampino dei servizi segreti o di quelli militari americani, russi o cinesi sta succedendo qualche cosa di molto inquietante. Il web ondeggia. I siti si bloccano o saltano. Altri non sono in grado di dare risposte. La disputa tra Spamhaus, una società anti-spam con base a Londra e Ginevra e la Cyberbunker, un colosso olandese di Hosting, sta provocando, secondo gli esperti, una sorta di bombardamento a tappeto che equivale al più grande attacco cybernetico della storia di Internet. Le polizie di cinque Stati hanno aperto indagini. L’intera rete sta subendo dei ritardi sconcertanti.

Intanto a Londra, in una località segreta sta nascendo la ‘Cyber Security Information Sharing Partnership’ che metterà insieme agenti di intelligence altamente qualificati e fino a 160 società e aziende, la gran parte quotate in borsa, determinate a garantire la segretezza di informazioni commerciali e progetti industriali.a

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